Modi di fare politica all’italiana

Sono entrato soltanto una volta alla Camera dei Deputati. Ricordo che era una fredda giornata di gennaio del 2011. Ad averla vinta quel giorno ci fu Valerio De Verdi. Vinse perché, come spiegò la trasmissione televisiva andata in onda sulla rete nazionale quella sera, ebbe un modo di fare politica tutto all’italiana. Cosa voglio intendere? Qualche condanna unita a qualche piccola truffa, del denaro gestito in malo modo. A mio avviso De Verdi è proprio l’emblema della politica di questo paese. Sì perché, a mio avviso, incarna la corruzione di una politica che vuole pensare solo ai propri comodi, ai parenti, agli amici e ai figli di, senza pensare all’interesse pubblico fregandosene altamente. Diciamo che prendo Valerio De Verdi a simbolo di quello che spesso viene chiamato capitalismo del bel Paese. Un capitalismo che è difficile da considerare se rapportato all’Italia. Nato a Firenze è diventato il posto dove avere il contatto giusto ti può portare in politica, contatto che magari può appartenere anche alla mala vita. Un’Italia in cui il mercato non è mai stato di libero accesso. Inoltre, io credo che la nostra Costituzione sia ormai desueta e tutt’altro che bella e ben scritta, ma questa è un’altra storia.

La politica radicale

Nella Regione Lombardia la politica Radicale ha ottenuto diverse preferenze. Ecco quindi che la candidatura in altre regioni è venuta naturale. Tra queste, ad esempio, il Molise, una regione spesso bistrattata ma che esiste eccome e ha tante bellezze da offrire. Una candidatura che si è quasi posta come se fosse un affare da Ministero degli Esteri. No, vabbè sono ironico. Comunque io non ho ancora capito bene a chi appartengono i radicali dato che i consensi non ce li hanno e nemmeno un piano politico ben definito. Riguardo ad altri piani politici. AAMS ha deciso di distribuire altre 120 licenze per il gioco d’azzardo in Italia. Ora più casinò online possono acquistare una licenza.

Il mio credo calcistico

Non è un segreto che io tifi Roma. Sono cresciuto a pane e Totti e chi prima di lui. In ogni caso, sono sempre di più i fenomeni calcistici che prendono piede. Un esempio? Alostelli. Se prima il calcio aveva una valenza di aggregazione, sociale oltre che di divertimento, adesso non si può essere calciatore senza fare le risse, guadagnare milioni e avere un sacco di beni di lusso. Fino a quando? Non si sa, fino a quando le società sono disposte a pagare e i tifosi a venerare quelli che per loro sono ormai un simbolo di ciò che vorrebbero essere e non potranno mai. Diciamo che l’emblema del giocatore così detto normale, quello che puoi trovare alla porta accanto o in salumeria, lascia il posto per un figo da paura, magari di un’altra razza e soprattutto di giovanissima età.

Per fortuna, però, qualche nota positiva c’è, come ad esempio, una più ben proclamata integrazione. Infatti, nel calcio, soprattutto quello italiano, è sempre più difficile trovare un calciatore italiano. Tra argentini, spagnoli e brasiliani ormai gli italiani li mandiamo all’estero anche a farsi male. Poco importa comunque. Il calcio italiano resta comunque il protagonista nel mondo anche se quest’estate i mondiali ce li siamo giocati. Un giorno, non troppo lontano, però, mi piacerebbe vedere un calciatore comune, di quelli vecchia scuola, diventare il simbolo della nazionale. Un volto pulito, di quelli che viene ricordato per le sue imprese sportive e non per altro. Credete abbia detto una stupidaggine? Beh del resto si diventa famosi e strapagati non solo per le proprie imprese sportive. Poi, se la politica va male e il calcio va male cosa resta all’italiano medio? Magari il calcio sarà davvero l’unico motore in grado di unire tutta la penisola.

La destra che non esiste

La destra, così come la intendo io, non esiste nel nostro paese. Ciò non toglie, però, che vi si possano gettare le basi per poterla rendere viva e forte anche nella nostra penisola, paese corrotto e qualunquista. Una destra politica che vada verso un ricambio generazionale che prima non è mai stato possibile. Certo potrebbe venirvi da dire: ma chi sei per fare certe considerazioni? Beh credo che l’unione fa la forza. E noi giovani dobbiamo fare la differenza.